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 VIAGGIO IN SARDEGNA
di Michela Murgia
ovvero:
Spunta la Murgia dal monte

Premessa: non ho mai amato questa autrice, troppo aggressiva, estrema, trasandata, con le parole "fascista" e "mascolinità tossica" sempre in bocca. 

Se mi sono approcciata ad un suo libro è stato per la sfida di lettura indetta per l'anno corrente dalla rete bibliotecaria bresciana. La voce "Leggi il libro di un autore o autrice che non sopporti" sembrava fatta apposta per venir riempita col suo nome e così, eccoci qui! 
Con il libro più lontano da quelle che poi diventeranno le tematiche- cardine della scrittrice buonanima. 

Ragazzi.
Ragazzi é stato bellissimo. 

La Murgia ci porta nell'isola facendoci passare per città e panorami che percorriamo camminando su sentieri tracciati più dal suo cuore, che dalla società Autostrade d'Italia. Racconta del passato di terre e persone con la stessa confidenza che potrebbe avere una nonna impegnata a trasmettere ai nipoti le storie di famiglia. Una famiglia che ha subito traversie di ogni tipo, che le hanno procurato ferite, poi sublimate in tradizioni che ne hanno favorito la cicatrizzazione. La sensazione è che nei documentari sulle curiose feste patronali caratterizzate da prove fisiche estenuanti che noi ci guardiamo su Focus, in verità vengano mostrati i traumi dei sardi di ieri, ricordati dai sardi di oggi. 

Forse è proprio questo il modo giusto per assistere ai riti delle popolazioni cui non apparteniamo: rispetto verso ciò che rappresentano, anche se non lo capiamo. 

Malgrado l'autrice non nasconda la situazione spesso disastrata di molte zone, né la preoccupazione dovuta a politiche poco lungimiranti, non si trova nemmeno un briciolo di disperazione in questo libro: fra le righe c'è tanta, tanta speranza. 
Speranza che anche questa volta la Sardegna sopravviva a sé stessa e che finalmente si trovi il modo di proteggerla e valorizzarla. Speranza che il popolo sardo riesca a vivere dignitosamente senza doversi buttare esclusivamente sul turismo. Speranza che chi viene in visita lo faccia anche per scoprirne il passato affascinante che sta proprio davanti ad uno dei mari più belli del mondo. 
A questo proposito va riconosciuto che la Murgia ci mette tutta l'anima per invogliarci a saperne di più, scrivendo con una penna che traccia le parole usando l'affetto, facendoci percepire come lei stessa subisse la malia di campagne costellate da nuraghe e pozzi misteriosi pieni di acqua mescolata col sangue. 
Ci da i suoi occhi, più che la sua visuale. 

Che sia per questo che mi è sembrato di esserci davvero fra la macchia mediterranea, anche se sapevo di essere seduta nella mia veranda in zona Lago di Garda? 

Ogni capitolo ha una parola per titolo:
Alterita',
Pietra,
Arte,
Confine,
Fede,
Suoni,
Indipendenza,
Cibo,
Acqua,
Narrazioni,
Femminilità

che avrebbero lo scopo di dividere libro ed isola in regioni fisiche e nozionistiche ben distinte, senza comunque ledere il senso di continuità; la Murgia ha composto la canzone d'amore malinconica perfetta: ogni capitolo è la strofa del racconto cantato di due innamorati, tormentati dal passato e incerti sul futuro della loro relazione. 

Alla conclusione pure noi siamo li col punto di domanda: ci sarà speranza o naufraghera' in un mare di disinteresse politico, abbandonata dalla sua stessa popolazione incapace di riappropiarsi della propria storia? Ci troviamo catturati dalla storia vogliamo sapere se andrà a finire bene, perché proprio amiamo tanto quando i racconti terminano felicemente! 

I finali aperti di solito portano ad un secondo libro e forse sarà così anche per la Sardegna ed è veramente un peccato che non potrà essere la Murgia a scriverlo. 




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